La trappola invisibile

Il denaro è la più grande trappola del nostro vivere quotidiano. Ti sembra di sapere esattamente di che si tratta, come usarlo, a cosa serve. Lo metti nel portafogli e ti ci paghi una pizza, o una birra con gli amici. Ti accompagna in cassa col carrello della spesa, sotto forma di contanti o di bancomat. Nei tuoi acquisti on-line ti permette sotto forma di numeri digitali di farti spedire il libro che cercavi da tempo, o una giacca particolare. Il denaro. I soldi. La pecunia. Ha davvero senso attribuirgli il valore che gli diamo? Vale davvero quel mazzo di rose, le nostre dieci ore di lavoro, i rapporti con i colleghi (positivi e negativi), la fatica, la stanchezza, i limiti e le imposizioni sulla nostra vita? E’ per il denaro che ci si alza la mattina presto, si corre a lavoro (chi ce l’ha) e ci si concentra su una mansione, o su un problema? E’ per il denaro che usiamo le nostre energie, facciamo straordinari, sacrifichiamo il tempo delle nostre relazioni, della nostra giovinezza? Nessuno lo ammetterebbe mai: ciò che si fa lo si fa per altri scopi. Per mantenere un livello sociale dignitoso, per vestire in maniera da apparire attraenti, per essere desiderati, per poter andare in vacanza all’estero (stavo per scrivere in Egitto, ma ripensandoci meglio di no), per frequentare luoghi di divertimento, per fare cose piacevoli, per farsi notare, per non aver paura di spendere 100 euro in più durante una serata o su un capo d’abbigliamento. Si passa dal denaro per necessità, non per volontà. Eppure come spesso accade siamo incollati con gli occhi al dito, e non vediamo la luna. Dobbiamo guadagnare, lavorare, consumare. Spendere, comprare e consumare non sono più mezzi per divertirsi, per realizzarsi. Diventano essi stessi il divertimento, la realizzazione di sé, nonostante tutto questo non sia privo di conseguenze scomode e detestabili. In altre parole, si diventa schiavi. Diventa  necessario fare gli straordinari, acconsentire alle richieste del titolare, siano esse privazioni di diritti, libertà, tempo, vita. Il che vuol dire privarsi della luce del sole, dell’aria pulita, della presenza delle persone che amiamo, del calore delle emozioni, di tutto ciò per cui stiamo lavorando. Forse non è così lontana come esperienza: trovarsi da soli in una bella stanza accogliente e ben arredata, ma fredda e priva di importanza, bellezza, significato. Se vi siete mai trovati in questa situazione, avete potuto vivere un’ottima metafora per l’esistenza, legata al suo pesante giogo economico. Che differenza fa tra avere il denaro e non averlo? Bisognerebbe chiederlo a tutti i cassintegrati d’Italia, a chi dona il suo tempo al volontariato, a chi cresce nella povertà e vede nel conseguimento della ricchezza economica un nuovo Eden. Non so ancora come possiamo fare a liberarci da queste catene, ma probabilmente si comincia da piccole cose. Se un modo c’è, comincia dal basso, logorando pian piano un anello, attecchendo come ruggine, come quando pian piano una rete per la pesca si indebolisice per il continuo sfregare, e si comincia ad aprire un piccolo buco nella maglia. Come in uno splendido gioco di domino, un  movimento che una volta iniziato non può più fermarsi.

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